25 Ottobre 2023

RAPPORTO SULL’AGROALIMENTARE 2023: ISMEA TRACCIA BILANCIO E PROSPETTIVE DELL’AGROALIMENTARE ITALIANO

ISMEA, con il coordinamento scientifico di Fabrizio De Filippis e Fabio Del Bravo, ha presentato la prima edizione di una pubblicazione annuale finalizzata ad analizzare le performance del settore agroalimentare nel contesto europeo e mondiale.

Il rapporto giunge all’esito di un triennio definito efficacemente “tempesta globale” con riferimento agli eventi e alle dinamiche che hanno caratterizzato il periodo 2020-2022 (in particolare emergenza pandemica e fenomeno inflattivo), rispetto alle quali è stata evidenziata nel Rapporto la buona capacità di reazione delle economie europee nella gestione della crisi post-pandemica, ma su cui restano forti i rischi di nuove tensioni anche in ragione della situazione geo-politica mondiale.

In questo contesto fortemente problematico, il settore agroalimentare è tornato al centro dell’attenzione sia dell’opinione pubblica sia dei policy maker quale pilastro strategico dell’economica nazionale.
Nel 2022, il valore aggiunto dell’agroalimentare italiano è stato pari a 64 miliardi di euro: 37,4 miliardi relativamente al settore agricolo, 26,7 miliardi per quanto concerne l’industria alimentare: il comparto, nella sua interezza, vale il 3,7% del valore aggiunto dell’intera economia, confermando la sua positiva caratterizzazione in termini di differenziazione produttiva, coerente alle varietà geo-climatiche e pedologiche, nonché per un patrimonio di prodotti distintivi di fondamentale importanza per la valorizzazione turistica e per l’export. Varietà produttiva e orientamento alla qualità, tuttavia, non sono stati sufficienti a evitare che il valore aggiunto agricolo in volume diminuisse del 7,1% tra il 2018-19 e il 2021-22 (dati medi).

In particolare, soprattutto in ragione delle emergenze climatiche, l’agricoltura è andata in forte sofferenza: ciò ha determinato la retrocessione del sistema italiano in terza posizione nella graduatoria UE della produzione agricola, dietro Francia e Germania (prima era seconda dopo la Francia); ma soprattutto dal 2021 l’Italia ha passato alla Francia il primato del valore aggiunto, mantenuto quasi ininterrottamente dal sistema italiano nel corso del decennio.

Fra il 2012 e il 2022 l’industria alimentare ha mostrato un trend di relativa crescita reale ma nell’ultimo biennio ha visto aumentare i costi di produzione più dei ricavi, in particolare per la difficoltà a trasferire i maggiori costi sui prezzi di vendita, soprattutto nel canale della GDO.
A livello europeo, il Rapporto spiega come Italia, Francia, Spagna e Germania rappresentino oltre il 60% del valore aggiunto, del valore al consumo e il 45% delle esportazioni del settore agroalimentare dell’UE.
Nell’ambito della concorrenza internazionale, il Rapporto evidenzia l’importanza per l’Italia dei prodotti a indicazione geografica: in particolare, nel 2021, in Italia il valore complessivo della produzione certificata Dop e Igp agroalimentare e vinicola ha raggiunto i 19 miliardi di euro con una crescita del 16,1% su base annua (+53% rispetto al 2011), dato che porta per la prima volta a quota 21% il contributo della Dop economy al fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale (un euro su cinque del cibo e del vino italiano è Dop o Igp).

Su questo fronte, tuttavia, il Rapporto rileva, in linea con il Report specifico già oggetto di approfondimento, la persistente diffusione dell’Italian sounding, frutto di strategie di marketing che associano a prodotti agroalimentari non italiani segnali che evocano un legame con l’Italia per renderli più appetibili sui mercati internazionali, generando informazione ingannevole e creando potenziali danni alla reputazione del vero made in Italy. In tal ottica, sottolinea il Rapporto, la tutela in ambito internazionale costituisce uno strumento necessario per aumentare la competitività di un settore che, pur in un quadro eccezionale quanto a complessità quale quello dell’ultimo triennio, ha reagito in maniera positiva. A tal fine il Rapporto richiama l’attenzione su alcuni profili che rischiano di amplificare il fenomeno dell’Italian sounding e sui quali è fondamentale agire: la scarsa conoscenza e consapevolezza delle valenze distintive del made in Italy agroalimentare da parte del consumatore straniero, le barriere all’accesso di alcuni mercati, la limitata proiezione internazionale e conoscenza specifica dei mercati di riferimento da parte delle PMI agroalimentari, gli ostacoli alla comunicazione tra i produttori italiani e i consumatori stranieri, la competizione al ribasso sui prezzi dei prodotti Italian sounding.

Questa alcune evidenze del Rapporto, presentato lo scorso 17 ottobre, che è consultabile nel portale ISMEA

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